Selezione di brani per esercitarsi a leggere ad alta voce

In questa pagina, trovi una selezione di brani sui quali esercitarti a leggere. L'anno indica l'edizione di riferimento.

Aertssen Kristien, La Regina dei baci, Babalibri 2012
Narrativa – Bambini

Come ogni mattina, la Regina attende alcuni visitatori importanti. «Mamma», dice la sua piccola principessa, «vorrei…» «Adesso non ho tempo, tesoro. Chiedi alla tua tata.» «Ma, mamma, vorrei solo dei baci...» «Ho troppo lavoro, bambina mia. Prendi il mio aereo e vai a cercare la Regina dei baci.» Ai comandi dell'aeroplano, la principessa si sente leggera come un uccellino. «Ma dove si nasconderà questa Regina dei baci?» si chiede. «Forse in quel castello che assomiglia a una torta?» Una Regina con i capelli gonfi come panna esce dal castello. «Buongiorno, Signora», dice la principessa. «È lei la Regina dei baci?» «No dolcezza, io sono la Regina delle torte.» «Se vuoi posso mostrarti come diventare una brava pasticciera.» «Va bene», risponde la principessa. «Sei molto dotata, zuccherino, ci leccheremo i baffi!» La principessa si diverte davvero molto, ma deve partire. La Regine le regala dei dolcetti da portare alla mamma. «Arrivederci Regina delle torte, e grazie mille!» Nel frattempo nel suo palazzo, mamma Regina sgranocchia un biscotto. È sfinita. che giornata faticosa!

Agassi Andre, Open, Einaudi, 2011
Narrativa - Adulti

Arriviamo allo studio televisivo nel tardo pomeriggio. Una mezza dozzina di attori ci salutano cordialmente. Sono il cast, presumo, gli gli eponimi Amici, ma per quel che ne so potrebbero anche essere sei attori disoccupati di qualche sperduto paesello. Non ho mai visto la serie. Brooke li abbraccia, arrossisce, balbetta, anche se ha già trascorso intere giornate a provare con loro. Non l’ho mai vista così impressionata dalle celebrità. Le ho presentato Barbra Streisand e non ha reagito in questo modo.

Alexander Jessica, Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere sereni, Newton Compton - 2015
Manualistica - Adulti 

Per esempio, se un bambino danese scarabocchia un disegno molto velocemente e lo dà al genitore, questi generalmente non dirà: «Mamma mia! Ottimo lavoro! Sei proprio un grande artista!». Sarà più probabile che faccia domande sul disegno in sé: «Che cos’è?», «A cosa pensavi quando lo hai fatto?», «Perché hai usato quei colori?». O forse dirà semplicemente grazie se si è trattato di un dono. Focalizzarsi sul lavoro, piuttosto che fare complimenti esagerati al bambino, è un approccio molto più danese. Ciò aiuta a concentrarsi sul compito svolto, ma insegna anche l’umiltà. Rendere i bambini sempre più consapevoli di poter padroneggiare un’abilità, piuttosto che illuderli di esserne già padroni, fornisce una base più solida per crescere. Promuove forza interiore e resilienza.

Alighieri Dante, La Divina Commedia - Inferno, canto I, Project Gutenberg, 2014         
Poesia - Ragazzi / Adulti             

Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura!
Tant’ è amara che poco è più morte; /  ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, / dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.
Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai, /  tant’ era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai. 

Alighieri Dante, Rime, Mondadori, 1993
Poesia – Adulti

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io / fossimo presi per incantamento, / e messi in un vasel ch’ad ogni vento / per mare andasse al voler vostro e mio, / sì che fortuna od altro tempo rio / non ci potesse dare impedimento, / anzi, vivendo sempre in un talento, / di stare insieme crescesse ’l disio. / E monna Vanna e monna Lagia poi / con quella ch’è sul numer de le trenta / con noi ponesse il buono incantatore: / e quivi ragionar sempre d'amore, / e ciascuna di lor fosse contenta, / sì come i’ credo che saremmo noi.

Altan Francesco, Pettirosso Pippo, Emme edizioni 2007
Narrativa – Bambini

Sono Pippo pettirosso / pettipippo rossorosso / rossopippo pettipetti / ora faccio due passetti / e svolazzo per il bosco / corro e volo a più non posso. / Sono Pippo pettirosso / con un salto salto il fosso / se non salto cado giù / e nell'acqua faccio pluf!

Banksy, Wall and Piece, Century, 2006
Libro fotografico - Ragazzi / Adulti

Advice on painiting with stencils. It's always easier to get forgiveness than permission

Barrenetxea Iban, Un ottimo lavoro, Sinnos, 2016
Narrativa - Ragazzi

C'era una volta un falegname molto laborioso e preciso che si chiamava Firmìn. Firmìn sapeva costruire ruote di tale perfezione, che bastava guardarle appena per farle iniziare a girare. E anzi, continuavano a girare e girare fino a perdersi all'orizzonte. Rispuntavano poi dalla parte opposta dopo uno o due anni e dopo aver percorso il mondo intero.

Battisti Cesare, Gli Alpini, Fratelli Treves, 1916
Saggistica – Adulti

Gli alpini sono i figli dei monti: scendono dalle Alpi che cingon l’Italia, vengono da valli remote, perdute, lontane da rumori. La lor giovinezza è trascorsa fra pascoli e boschi. Hanno vissuto lunghi inverni nella neve, nelle tormente. Poco sanno d’agi e di ricchezze. È loro ignota la grande proprietà; tutto il loro patrimonio consiste in miseri campicelli, in poveri tuguri. Ed è un re chi ha il campo e la casa veramente suoi e non dell’ipoteca. Sono patriarcali nella fede, ne’ costumi, negli interessi. Quanto accolgon di nuovo si innesta sulle vecchie tradizioni e ne prende il colore. 

Bollea Giovanni, Le madri non sbagliano mai, Feltrinelli, 2007
Saggistica - Adulti

Educare, pur in tutta la sua complessità, è, in fondo, più semplice di quanto non si pensi: basta saper dare sempre al figlio la parte che desidera di noi stessi, tenendo conto che l'aspetto materiale, pur importante, è secondario all'affetto, alla complicità, allo stare insieme, allo scambio di idee.

Camilleri Andrea - Dipasquale Giuseppe, Troppu trafficu ppi nenti, Mondadori, 2011
Teatro – Adulti

Moravia amava marcare con Leonardo Sciascia la differenza tra un siciliano e un milanese: un milanese tende a rendere essenziali anche le cose più complesse, un siciliano, diceva Moravia a Sciascia, rende complicate anche le cose più semplici. 

Carroll Lewis, Le avventure d'Alice nel paese delle meraviglie, Macmillan and Co., London 1872          
Narrativa - Ragazzi / Adulti

Il Bruco ed Alice si guardarono in faccia per qualche istante senza far motto; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa.”Chi siete voi?” disse il Bruco.
Questa domanda non invitava troppo a una conversazione. Alice rispose con un po’ di timidezza, “Davvero io—io non saprei dirlo ora—so almeno chi ero quando mi levai questa mattina, ma d'allora in poi temo essere stata scambiata più volte."
"Che cosa mi andate contando?" disse il Bruco con voce austera. "Spiegatevi meglio!"
"Temo non potere spiegarmi," disse Alice, "perché non sono più me stessa, com'ella vede."
"Io non vedo," rispose il Bruco.
"Temo che non mi sarà dato di spiegarmi più chiaramente," soggiunse Alice con modo assai gentile, " perché io non so capirla neppur io dopo essere stata mutata di statura tante volte in un giorno, ciò confonde davvero."
"Non è vero," disse il Bruco.
“Bene, forse non se n'è ancora accorto,” disse Alice, “ma quando ella sarà mutata in crisalide—e ciò le accadrà un giorno,—e poi diverrà farfalla, ciò le sembrerà un pò strano, non è vero?”
“Niente affatto,” rispose il Bruco.
“Eh! forse i suoi sentimenti saranno diversi da' miei,” replicò Alice; “ma quanto a me mi parrebbe molto strano.”
“A voi!” disse il Bruco con disprezzo. “Chi siete voi?”
E ciò li ricondusse da capo al principio della conversazione. Alice si sentiva irritata alquanto veggendo che il Bruco le rispondeva secco secco, e s'impettorì come una matrona romana, e dissegli gravemente, “Perché non comincia lei, a dirmi chi è?”

Collodi Carlo, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, R. Bemporad & Figlio, 1902
Narrativa - Bambini / Ragazzi / Adulti

— C'era una volta... — Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori. — No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr'Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura. "     "Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto; e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:
— Questo legno è capitato a tempo; voglio servirmene per fare una gamba di tavolino. —
Detto fatto, prese subito l'ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo; ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile sottile, che disse raccomandandosi:
— Non mi picchiar tanto forte! —
Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia!
Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno: guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; aprì l'uscio di bottega per dare un'occhiata anche sulla strada, e nessuno. O dunque?...
— Ho capito; — disse allora ridendo e grattandosi la parrucca — si vede che quella vocina me la son figurata io. Rimettiamoci a lavorare. —
E ripresa l'ascia in mano, tirò giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno.
— Ohi! tu m'hai fatto male! — gridò rammaricandosi la solita vocina.
Questa volta maestro Ciliegia restò di stucco, cogli occhi fuori del capo per la paura, colla bocca spalancata e colla lingua giù ciondoloni fino al mento, come un mascherone da fontana. "

Carofiglio Gianrico, La regola dell'equilibrio, Einaudi, 2014
Narrativa - Adulti 

- Perché non mi hai chiamato? - Ci ho pensato, ma mi vergognavo. - Ti vergognavi? Di chiamare un amico? Ma tu dallo psichiatra devi andare, non dall'ematologo. Che significa? - Mi sentivo inferiore. All'improvviso ero finito dalla parte dove ci sono i malati, mentre i sani, quelli che continuano le loro vite normali, che mangiano, bevono, lavorano, viaggiano, fanno l'amore, fanno progetti, erano dall'altra, quella da cui ero appena stato escluso. Mi sentivo inferiore e mi vergognavo. So che può sembrare strano, ma è così.

Dahl Roald – Matilde, Salani, 2013
Narrativa - Bambini / Ragazzi

I padri e le madri sono tipi strani: anche se il figlio è il più orribile moccioso che si possa immaginare, sono convinti che si tratti di un bambino stupendo. Niente di male: il mondo è fatto così. Ma quando dei genitori cominciano a spiegarci che il loro orrendo pargolo è un autentico genio, viene proprio da urlare: "Presto, una bacinella! Ho una nausea tremenda!". Pensate alle sofferenze degli insegnanti, costretti a sorbirsi le stupide vanterie di genitori orgogliosi; per fortuna possono vendicarsi al momento delle pagelle. Se fossi un insegnante, mi prenderei il gusto di qualche bella nota pungente. "Il vostro Massimiliano" scriverei, "è un totale disastro. Spero per voi che abbiate un'azienda di famiglia dove sistemarlo dopo gli studi, perché non riuscirebbe a trovare lavoro da nessun'altra parte". Oppure, se quel giorno fossi in preda a un'estro poetico: "Strano ma vero: le cavallette hanno gli organi dell'udito ai lati dell'addome. Vostra figlia Vanessa, a giudicare da quel che ha imparato questo trimestre, non li ha da nessuna parte".

De Silva Diego, Voglio guardare, Einaudi, 2008
Narrativa – Adulti

Ma che cos'è il pericolo, vi domando? Una certezza, o non è piuttosto la ragionevole possibilità che un danno grave ci colpisca? Quante volte ci è capitato di sottovalutare l'entità di un pericolo, accorgendoci quand'era già tardi che avremmo dovuto alzare la soglia della nostra prudenza? Il pericolo, signori giudici, è una congettura. Un'ipotesi.

Donaldson Julia - Scheffler Axel, Zog, Emme edizioni, 2014
Poesia - Bambini

Per diventare un drago perfetto / a scuola si impegna ogni bravo draghetto. / Qui si insegnano materie strane, molto diverse da quelle umane, / e la maestra Dragona darà / le stelle d'oro a chi le meriterà.

Donaldson Julia -  Scheffler Axel, Gruffalò e la sua piccolina, Emme edizioni, 2015
Poesia – Bambini

La sera era scura, la notte vicina,
il Gruffalò disse alla sua piccolina:
- Per noi gruffalò è molto rischioso
Entrare nel bosco buio e frondoso.
Tanti anni fa io ci sono stato
E il Topo Tremendo mi ha teso un agguato! –
- Che cosa ti ha fatto? Racconta, papà!
È tanto brutto? Che faccia ha? –
- Ah! Solo a pensarci mi devo sedere
Mi gira la testa, mi sento svenire.
Ha zampe forzute, possenti e pelose,
la coda coperta di squame spinose,
ha occhi di brace che brillano al buio
e lunghi affilati baffi d’acciaio! –
La notte era scura, il babbo russava
La piccola invece un po’ si annoiava-
“A me nessun topo ha mai fatto paura”
disse fra sé. “Andrò all’avventura!”
Il cielo era nero, la neve in tempesta,
la piccola entrò nella fitta foresta.

Fabri Stefania, Racconti fantastici di Villa Sciarra, Laboratorio Web per la cultura, 2014
Narrativa – Bambini

Il re Numa, che era di spalle rispetto a loro, intento a osservare i Mesi, si girò di scatto: "Taci, ninfa! Nessuno è più grande di un re di Roma! Una ninfa può essere una saggia consigliera con i suoi vaticini e le sue previsioni sul futuro, ma poi tocca al re governare e i Romani sapevano farlo ottimamente!"

Gozzano Guido, Verso la cuna del mondo (racconto: Il fiume dei roghi), Fratelli Treves, 1917
Narrativa – Adulti

— Benares.... il Gange... Devo ripetere i due nomi favolosi per convincermi che veramente risalgo in barca il fiume sacro, con dinanzi lo scenario della Città santificata. — Il Gange... Benares... Devo liberarmi dal ricordo di troppe descrizioni — da quelle deliziosamente arcaiche di Marco Polo a quelle moderne e sentimentali di Pierre Loti — per rientrare nella realtà, vedere la cosa troppo attesa con occhi miei. Vano è scrivere, vano è leggere; una bellezza non esiste se prima non la vedono gli occhi nostri. L'aforisma wildiano è giusto. Ma prima ancora di saper leggere, io sognavo di Benares. Se risalgo alle origini prime della mia memoria vedo la città sacra in un'incisione napoleonica, nella stanza dei miei [234] giochi. E il ricordo è così chiaro che il sogno d'allora mi sembra realtà e la realtà d'oggi mi par sogno.... 

Gramsci Antonio, Odio gli indifferenti, Chiarelettere, 2011
Saggistica - Adulti

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

Gregorovius Ferdinand, Passeggiate per l'Italia, Ulisse Carboni - Libraio Editore, Roma, 1906
Letteratura di viaggio - Adulti

I ceri ardono, la notte è discesa, i pilastri della chiesa gettano grandi ombre sul pavimento, lasciando alcune figure nella completa oscurità, mentre altre restano avvolte in una magica penombra ed altre ancora sono illuminate da riflessi di luce. I pellegrini, stanchi, giacciono, in pittoreschi gruppi, sul nudo terreno, attorno alle colonne, sui gradini degli altari davanti alla cappella; ed i vari costumi, le diverse età, l'espressione delle loro fisonomie formano un quadro vivente, che punge la curiosità ed invita alla riflessione. Intanto un frate agostiniano, seduto davanti ad un piccolo tavolo, vende indulgenze e riceve offerte per le messe, incassando con indifferenza il danaro del povero.
Davanti alla chiesa stanno altri gruppi seduti o distesi sulla nuda terra, mentre nuovi pellegrini arrivano ancora. Si succedono senza posa durante il giorno, e nella notte che precede la festa, e l'accento solenne dell'inno latino rompe il silenzio, mentre sulla piccola città sembra regnare una atmosfera di mistica e profonda melanconia. Eppure questo torrente che spinge tante migliaia di persone da lontani paesi verso la stessa meta, ha in sè qualche cosa di consolante, come qualunque manifestazione armoniosa dell'anima umana, anche nel dolore.

Gregorovius Ferdinand, Passeggiate per l'Italia, Ulisse Carboni, Libraio Editore, 1906
Letteratura di viaggio – Adulti

Ho percorso tutte le più belle regioni d'Italia, ho vagato per le famose pianure di Agrigento e di Siracusa, ma nonostante lo scintillio di colori di queste regioni meridionali, confesso di non aver mai provato un'impressione tanto profonda come la campagna romana ed il Lazio hanno saputo suscitare in me. Queste contrade mi son divenute così familiari quanto quelle della mia patria, avendole dovute studiare profondamente per la mia storia di Roma nel medio-evo, e visitandole mi sono apparse sempre nuove e piene di grandezza. Quando poi me ne allontano, provo ardente il desiderio di rivederle. Non ho mai potuto contemplare da Monte Mario la valle che si apre fra Palestrina e Colonna verso la campagna latina, senza sentirmici attratto come da un'imperiosa seduzione. E' possibile che questo paesaggio debba ai ricordi storici gran parte del fascino irresistibile che esercita sul visitatore, ma anche senza di quelli son persuaso che sedurrebbe per il carattere nobile e grandioso che la natura gli ha impresso. Alcuni luoghi hanno un aspetto del tutto mitologico, come, per esempio, la pineta di Castel Fusano, presso Ostia, con i suoi alberi giganteschi che si stendono sino al mare, e la larga foce del Tevere, che la fantasia si sente portata a popolare di figure leggendarie e favolose. Altre regioni invece hanno un carattere del tutto lirico, altre ancora epico, omerico, come Astura e il capo Circeo. Nessuna regione però ha un carattere storico, solennemente tragico, al pari della campagna di Roma. Essa appare come il teatro più grande della storia, come la scena dell'universo. Nessuna descrizione poetica, nessun pennello di genio, per quanto molti artisti di valore vi si siano provati, saprebbe dare un'idea della bellezza grandiosa e superba della campagna del Lazio a chi non l'abbia veduta e sentita. Là nulla v'è di romantico, nulla di fantastico; tutto è silenzioso, grandioso, di una bellezza imponente e severa; dinanzi a quello spettacolo della natura lo spettatore intelligente si sente penetrato dall'impressione profonda e grave che proverebbe davanti alla statua di Giunone di Policlete.

Hesse Hermann, Narciso e Boccadoro, Mondadori, 1989
Narrativa - Adulti 

"Mio caro", bisbigliò, "non posso aspettare fino domani. Debbo prendere congedo da te e come congedo debbo dirti ancora tutto. Ascoltami un momento ancora. Volevo raccontarti della madre, che mi tiene le dita strette intorno al cuore. Da molti anni, creare una figura della madre è stato il mio sogno più caro e più misterioso, era per me la più santa di tutte le immagini, me la portai sempre in cuore, una figura piena d'amore e di piena di mistero. Ancora poco tempo fa mi sarebbe stato insopportabile il pensiero di dover morire senza aver realizzato questo mio sogno; tutta la mia vita mi sarebbe apparsa inutile. Ed ora guarda che strano destino: invece d'esser le mie mani a formarla e plasmarla, è lei a formare ed a plasmare me. Ha le sue mani intorno al mio cuore e lo stacca dal mio corpo s mi svuota; mi ha allettato a morire, e con me muore anche il mio sogno, la bella figura, l'immagine della grande Eva-Madre. La vedo ancora e, se avessi forza nelle mani, potrei darle forma. Ma essa non vuole, non vuole che io renda visibile il suo mistero. Preferisce che io muoia. Muoio volentieri: essa mi rende facile il trapasso".
Narciso ascoltava costernato quelle parole e dovette chinarsi fin sul volto dell'amico per poter afferrarle ancora. Alcune giunsero indistinte, altre chiare, ma il loro significato gli rimase nascosto.
Poi il malato spalancò gli occhi ancora una volta e fissò a lungo il viso dell'amico. Con gli occhi prese congedo da lui. E con un movimento, quasi tentasse di scuotere la testa, sussurrò: "Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire."
Ciò che mormorò ancora in seguito non fu più comprensibile. Le due ultime giornate Narciso rimase seduto al suo letto giorno e notte, e lo guardò spegnersi. Le ultime parole di Boccadoro gli bruciavano nel cuore come fuoco.

Kundera Milan, L'insostenibile leggerezza dell'essere, Adelphi, 1984
Narrativa – Adulti

È un amore disinteressato: Tereza non vuole nulla da Karenin. Non vuole nemmeno l’amore. Non si è mai posta quelle domande che torturano le coppie umane: mi ama? Ha mai amato qualcuna più di me? Mi ama più di quanto lo ami io? Forse tutte queste domande rivolte all’amore, che lo misurano, lo indagano, lo esaminano, lo sottopongono a interrogatorio, riescono anche a distruggerlo sul nascere. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l’amore) dell’altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza.

Lakhous Amara, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, Edizioni e/o, 2010
Narrativa Adulti

Stasera sono andato con Parviz a comprare riso e alcune spezie da Iqbal. Parlando abbiamo discusso dei volantini contro gli immigrati sui muri di piazza Vittorio. Iqbal indicava una cassetta di mele che si trovava di fronte a lui: «Quando vedo una mela marcia la isolo subito dal resto delle mele, perché, se la lasciassi al suo posto, tutte le mele ‘si rovinerebbero. Perché la polizia non si comporta con fermezza con gli immigrati delinquenti? Che colpa hanno quelli onesti che sudano per un pezzo di pane?». Le parole di Iqbal mi hanno aperto gli occhi. L’etichetta di criminale a qualsiasi immigrato senza distinzione è un déjà vu. Quanto hanno sofferto gli immigrati italiani negli Stati Uniti per l’accusa di mafia! Certo, sembra proprio che gli italiani non abbiano imparato nulla dalle lezioni del passato.

Lionni Leo, Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri, 2010
Narrativa – Bambini

Un giorno mamma blu disse: "Io devo uscire. Tu aspettami a casa. Ma piccolo blu voleva giocare con piccolo giallo e andò a cercarlo nella casa di fronte. Purtroppo la casa era vuota. Dove era piccolo giallo? Lo cercò di qua, lo cercò di là. Lo cercò dappertutto... finché improvvisamente girato l'angolo... Eccolo! Felicemente di abbracciarono e si abbracciarono così forte che divennero verdi.

Lucarelli Selvaggia, Che ci importa del mondo, Rizzoli - 2014
Narrativa - Adulti

Penso di non essermi mai imbattuta in un individuo più allergico al concetto di famiglia nella mia esistenza di Giorgio. Perfino il mio ex marito, al confronto, era un capofamiglia solido e affidabile. Con i genitori ha un rapporto gelido. Per il resto, so dell’esistenza di un altro paio di ex fidanzate della famosa Milano bene liquidate brutalmente prima di me, di un fratello con cui non si parla da anni per una storia legata all’eredità del nonno materno e di un labrador di nome Axel che ha mollato in un allevamento a Pavia quando ha deciso che non aveva più tempo di occuparsene. Questo è il centro attorno al quale si muove la sfera affettiva del candidato sindaco Giorgio Mazzoletti. Poi certo, ci sono stata io. Che su questo suo smagliante egoismo mi sono schiantata con la stupidità di chi pensa di avere davanti un bambino a cui deve insegnare ad amare e non un adulto che non ha nessuna voglia di imparare. 

Lewis Roy, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, Adelphi, 2013
Narrativa - Adulti

È un privilegio incomparabile essere proprio il primo a provare una nuova esperienza umana, qualunque sia; e se poi è l’amore!… Pensate! L’amore, che oggi si compiace se i giovani sembrano ancora apprezzarlo quando lo incontrano nella giungla, sulla sponda di un lago o in cima a una montagna… Oggi è cosa di normale amministrazione, che ha opportunamente preso il suo posto nel processo evolutivo; ma, ah!, quando era appena nato!…

Malaparte Curzio, La pelle, Adelphi, 2015
Narrativa – Adulti

Eravamo puliti, lavati, ben nutriti, Jack ed io, in mezzo alla terribile folla napoletana squallida, sporca, affamata, vestita di stracci, che torme di soldati degli eserciti liberatori, composti di tutte le razze della terra, urtavano e ingiuriavano in tutte le lingue e in tutti i dialetti del mondo. L'onore di esser liberato per primo era toccato in sorte, fra tutti i popoli d'Europa, al popolo napoletano: e per festeggiare un così meritato premio, i miei poveri napoletani, dopo tre anni di fame, di epidemie, di feroci bombardamenti, avevano accettato di buona grazia, per carità di patria, l'agognata e invidiata gloria di recitare la parte di un popolo vinto, di cantare, batter le mani, saltare di gioia fra le rovine delle loro case, sventolare bandiere straniere, fino al giorno innanzi nemiche, e gettar dalle finestre fiori sui vincitori.                             

Malaparte Curzio, La pelle, Adelphi, 2015
Narrativa – Adulti

"L'Europa è un mucchio di spazzatura” disse Jimmy “un povero paese vinto. Vieni con noi. L'America è un paese libero”.
“Non posso abbandonare i miei morti, Jimmy. I vostri morti ve li portate in America. Ogni giorno partono per l'America piroscafi carichi di morti. Sono morti ricchi, felici, liberi. Ma i miei morti non possono pagarsi il biglietto per l'America, sono troppo poveri. Non sapranno mai che cosa è la ricchezza, la felicità, la libertà. Sono vissuti sempre in schiavitù; hanno sempre sofferto la fame e la paura. Saranno sempre schiavi, soffriranno sempre la fame e la paura, anche da morti. E' il loro destino, Jimmy. Se tu sapessi che Cristo giace fra loro, fra quei poveri morti, lo abbandoneresti?”
“Non vorrai darmi a intendere” disse Jimmy “che anche Cristo ha perso la guerra.”
“E' una vergogna vincere la guerra” dissi a voce bassa. 

Malaparte Curzio, La pelle, Adelphi, 2015
Narrativa – Adulti

Cristo è morto per insegnarci che ognugno di noi può diventar Cristo, che ogni uomo può salvare il mondo col proprio sacrificio. Anche Cristo sarebbe morto inutilmente, se ogni uomo non  potesse diventar Cristo e salvare in mondo. 

Mantegazza Paolo, L'arte di prender marito, Fratelli Treves, 1894
Narrativa – Adulti

Era un mattino di marzo, e un sole impaziente s'era alzato troppo presto, spargendo per l'aria azzurra e già calda l'oro della sua luce, il tepore del suo fiato.
La stazione era molto vicina alla casa di Emma, e a piedi era andata coi suoi ad augurare il buon viaggio ad un cugino ingegnere, che sposo da solo un mese doveva fare per l'ufficio suo un lungo viaggio e lasciar sola la sposa per qualche settimana.
Cugini e cugine e zii erano arrivati un po' tardi e si dovette far economia di parole e di abbracciamenti. Un furia furia per prendere i biglietti, consegnare i bagagli, coll'accompagnamento di un grido monotono dei conduttori:
—Facciano presto, signori, il treno parte.
E davanti ad un vagone di prima classe i parenti erano affollati, guardando il cugino ingegnere, che non poteva parlare; perché sentiva che le parole gli sarebbero venute fuori, strozzate e singhiozzanti.
Tutti si accontentavano di sorridere al viaggiatore, con un'aria che voleva essere un saluto e un augurio, ma era invece una mestizia mal dissimulata.
Chi non poteva sorridere, neppur dissimulando, era la sposa, che era entrata in vagone per dar l'ultimo bacio al viaggiatore. Cugini e cugine non guardavano se non per terra, con gesti impacciati; mentre la voce del conduttore ripeteva per la ventesima volta il suo monotono:
—Presto, signori, presto, si parte.
La sposa dovette scendere, lo sportello fu chiuso brutalmente e in furia, ma essa si arrampicò di nuovo sul predellino del vagone.
—Addio, addio Paolo, ritorna presto…. ricordati di scrivermi ogni giorno.
Una testa si abbassò, si incontrò coll'altra, e per non so quanti minuti secondi, quattro labbra si strinsero, si fusero in un labbro solo, in un singhiozzo supremo.
Emma alzò gli occhi e guardò attonita, curiosa, con una prurigine nuova, con un fremito della persona, quei due che si baciavano a quel modo. Non poté neppur pronunziare la parola addio….
E un fischio acuto, uno strider di ruote, distaccò quei due innamorati e fece partire il treno, che sparì dall'orizzonte in pochi minuti.
Tutti ritornarono alle loro case, ma Emma riportò con lei il bacio dei due cugini, come se l'avessero stampato sulle sue labbra, con un suggello di fuoco; e lo ebbe nella bocca, nel cuore, negli occhi, tutto quel giorno, e la notte appresso.
Lo vedeva, lo sentiva; ne ricordava il suono….
Eppure essa aveva veduto chi sa quante volte il babbo che baciava la mamma, e mariti baciar mogli; ed essa stessa aveva baciato tante e tante volte, fanciulli e fratelli e amiche e non ne aveva mai provato turbamento alcuno.
Perché ora quel bacio l'aveva scossa tanto, l'aveva tanto turbata?—
Non era il bacio, che fosse diverso dagli altri veduti, e sentiti. Era lei, che era un'altra.
Emma da bambina era divenuta una donna."

McLiam Wilson Robert, Eureka Street, Fazi Editore, 2001
Narrativa - Adulti

Molte persone, tuttavia, si rifiutavano ancora di credere ai propri occhi, e numerosi passanti fissavano sgomenti e increduli gli escrementi, il sangue e i brandelli di carne sparsi ovunque, incapaci soprattutto di afferrare il valore politico della scena. Un ingenuo vigile del fuoco che aveva ritrovato qualcosa che poteva assomigliare a una testa mozzata lo giudicò, nella sua semplicità, un puro atto di sadismo. Una donna con il viso insanguinato che consolava il suo bambino vicino alla libreria non era consapevole degli imperativi storici che avevano condotto a un simile gesto. Un atterrito turista francese che al momento della detonazione si trovava nelle vicinanze di Castle Street, non troppo vicino alla bomba quindi, non sembrava comprendere perché fossero stati assassinati degli irlandesi se l’obiettivo era quello di cacciare gli inglesi dall’Irlanda. Non per niente era francese.

Moeyaert Bart, Il Club della Via Lattea, Sinnos, 2016
Narrativa - Ragazzi / Adulti

Le campane non ti dicono mai che ora è, le campane cantano. In estate ti fanno capire se il cielo è pulito. E nelle mattine d'inverno, secondo me, se stai ad ascoltare con gli occhi chiusi, potresti quasi capire se è nevicato e quanto è nevicato.
Le nostre campane ci facevano capire che dovevamo portare pazienza ancora per quattro ore. Quattro lunghe ore prima che Nancy e Jekyll passassero. Oppure no.

Omero (traduzione di Vincenzo Monti), Iliade, Rizzoli, 1990
Poesia  - Adulti

Cantami, o Diva, del Pelìde Achille / l'ira funesta che infiniti addusse / lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco / generose travolse alme d'eroi, / e di cani e d'augelli orrido pasto / lor salme abbandonò.

Palacio R. J., Wonder, Giunti, 2013
Narrativa - Ragazzi

So di non essere un normale ragazzino di dieci anni. Sì, insomma, faccio cose normali, naturalmente. Mangio il gelato. Vado in bicicletta. Gioco a palla. Ho l’Xbox. E cose come queste fanno di me una persona normale. Suppongo. E io mi sento normale. Voglio dire dentro.
Ma so anche che i ragazzini normali non fanno scappare via gli altri ragazzi normali fra urla e strepiti ai giardini. E so che la gente non li fissa a bocca aperta ovunque vadano.
Se trovassi una lampada magica e potessi esprimere un desiderio, vorrei avere una faccia così normale da passare inosservato. Vorrei camminare per strada senza che la gente, subito dopo avermi visto, si volti dall’altra parte. E sono arrivato a questa conclusione: l’unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi considera normale.

Palazzeschi Aldo, L'incendiario (Lasciatemi divertire), Principato editore, 1971
Poesia - Adulti

Tri tri tri, / fru fru fru, / uhi uihi uhi, / ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte, / pazzamente, / smisuratamente. / Non lo state a insolentire, / lasciatelo divertire /  poveretto, / queste piccole corbellerie / sono il suo difetto.
Cocù, rurù, / rurù, cucù, / cuccuccuruccù!
Che cosa sono queste indecenze? / Queste strofe bisbetiche? / Licenze, licenze, / licenze poetiche. /  Sono la mia passione.
Farafarafarafa, / Tarataratarata, / Paraparaparaparapa, / Laralaralaralarala!

Pesci Ugo, Come siamo entrati in Roma, Parenti editore, 1956
Memorie - Adulti

Per chi ha la fortuna di esser nato da quando non vi sono più confini in Italia non sarà male premettere che la prima strada entrava negli Stati del Papa al Ponte Felice sul Tevere, mentre seguendo la seconda si entrava in quelli Stati a Passo Corese, molto più vicino a Roma. La strada ferrata, che segue il corso della Nera sulla sponda destra del fiume, sconfinava fra Narni ed Orte, percorrendo un lungo tratto negli Stati del Papa, per rientrare nel territorio del Regno a Ponte Felice e riuscirne di nuovo a Passo Corese. Una convenzione fra il governo Pontificio e quello del Re d’Italia aveva stabilito da un pezzo che, su quei due tratti della ferrovia compresi dentro i confini pontifici, fosse permesso di transitare agli ufficiali italiani in uniforme ed armati, come era permesso per il maggior tratto da Passo Corese e Ceprano per quelli diretti a Napoli. […] Il Cadorna, come egli stesso ha narrato, insisteva nell’idea d’andare a sconfinare a Passo Corese; il ministro Ricotti invece gli ordinava di far passare il confine della 12a divisione (Mazè de la Roche) a Ponte Felice […].

Pescio Mauro, "Al centro ci sono le storie", in: Pascal. Storie, persone, meteorologia, Bookrepublic Store, 2016
Narrativa - Adulti

È il raccontare storie che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi. E questa capacità unica e straordinaria che ha permesso all’uomo di creare il mondo che noi oggi conosciamo, attraverso le storie l’uomo dà una propria personale interpretazione della realtà. Le storie hanno dato forma alle città, hanno riempito le piazze e costruito piramidi, cattedrali, palazzi. Le religioni, gli stati, il denaro, sono frutto delle storie dell’uomo. Le case, le macchine, i vestiti delle persone raccontano storie, tutti gli altri animali della terra vivono in una realtà oggettiva, fatta di ricerca di cibo e acqua e di occuparsi della propria salvezza. Anche nel mondo degli uomini ci sono pericoli, cibo, acqua e alberi. Con il passare dei secoli, però, sopra a questa realtà soggettiva, immaginaria, una realtà fatta di finzioni narrative e questa realtà immaginaria è diventata realtà.

Piumini Roberto - Gandini Lella, Fiabe siciliane, Einaudi, 2015
Narrativa – Bambini

C’era chi lo chiamava Pescecola, chi Colapesce: dalla cinta in su era uomo, dalla cinta in giù era pesce, e stava dentro il mare per ore e ore, quanto gli piaceva, perché respirava proprio come i pesci. Passava la vita andando qua e là fra gli scogli, le grotte, le meraviglie del mare. Faceva l’amore con le sirene, e litigava con i pesci grossi del fondo. Dicono che fu lui a inventare la carta per navigare e la bussola, e che teneva lontani i mostri marini dalle barche dei pescatori. Se poi voleva fare lunghi viaggi, faceva così: si lasciava ingoiare, tutto intero, da un pesce di quelli enormi che incontrava, e nel suo ventre percorreva le mille miglia: poi, quando voleva uscire, usava il coltello, e tagliava la pancia del pesce. Così girò tutti i mari del mondo, e li esplorò, e alla fine tornò nel mare siciliano.

Rodari Gianni, Atalanta, Editori riuniti, 1982
Narrativa - Bambini / Ragazzi

Giasone superò la prova. Dopo essersi spalmato con cura l'unguento di Medea su tutto il corpo, senza trascurarne la più piccola parte, affrontò gli assalti dei tori dal respiro di fiamma e li stroncò. I tori, messi in ginocchio e costretti a subire il giogo, ararono docilmente il campo prescritto. / Giasone trasse poi dalla bisaccia i denti del drago e li seminò nei solchi profondi. In pochi istanti, da ognuno dei denti balzò un guerriero armato di tutto punto e pieno di furia. Ma l'unguento di Medea rendeva Giasone invulnerabile, Con calma l'eroe respinse un assalto dopo l'altro, uccidendo i mostruosi figli del drago. Essi però parevano moltiplicarsi davanti alla sua spada instancabile nel menar colpi mortali. Allora Giasone si ricordò del consiglio di Medea e gettò una pietra in mezzo alle loro schiere risorgenti. Se avesse gettato in mezzo a loro la discordia stessa non avrebbe ottenuto risultato più spaventoso. I guerrieri si rivolsero gli uni contro gli altri e in una battaglia ferocissima si distrussero fino all'ultimo. Il terreno, prima del tramonto, era coperto di cadaveri. Un grido di vittoria si alzò dalle file degli Argonauti, ma Atalanta non vi unì la sua voce. Essa guardava, sul palco della famiglia reale, il volto di Medea: il solo volto radioso tra gli sconfitti. 

Rodari Gianni, I viaggi di Giovannino Perdigiorno, Einaudi, 2012
Poesia - Bambini

Giovannino Perdigiorno / è un grande viaggiatore, / viaggia in automobile, / in moto, in ascensore, / viaggia in monopattino, / a piedi, in aeroplano, / viaggia in dirigibile, / col carrettino a mano / con il treno diretto e con l'accelerato, / ma un paese perfetto / non l'ha ancora trovato... 

Roth Philip, Pastorale americana, Einaudi, 2005
Narrativa – Adulti

Avevo perso la capacità di ricordare, pur debolmente, mio padre che domandava a Ira la sua opinione su svariati argomenti, mentre il mio compagno mangiava uno dei nostri frutti. Era una di quelle cose che ti vengono strappate e gettate nell’oblio solo perché non hanno molta importanza. Eppure, ciò che a me era totalmente sfuggito aveva messo radici in Ira e cambiato la sua vita. Non occorre spingersi troppo lontano, dunque, basta guardare Ira e me per capire per quale motivo attraversiamo la vita con l’impressione generalizzata che tutti abbiano torto tranne noi. E poiché non dimentichiamo le cose solo perché non contano, ma le dimentichiamo anche perché contano troppo (perché ciascuno di noi ricorda e dimentica secondo uno schema labirintico che rappresenta un segno di riconoscimento non meno caratteristico di un’impronta digitale), non c’è da meravigliarsi se le schegge di realtà che una persona terrà in gran conto come parti della propria biografia potranno sembrare a qualcun altro, che, diciamo, ha per caso consumato diecimila cene allo stesso tavolo di cucina, una deliberata escursione nella mitomania. 

Roth Philip, Pastorale americana, Einaudi, 2005
Narrativa – Adulti

Come penetrare nell’intimo della gente? Era una dote o una capacità che non possedeva, non aveva, semplicemente, la combinazione di quella serratura. Prendeva per buono chi lanciava i segnali della bontà. Prendeva per leale chi lanciava i segnali della lealtà. Prendeva per intelligente chi lanciava i segnali dell’intelligenza. E fino a quel momento non era riuscito a vedere dentro sua figlia, non era riuscito a vedere dentro sua moglie, non era riuscito a vedere dentro la sua unica amante: forse non aveva neppure cominciato a vedere dentro di sé. Cos’era, lui, spogliato di tutti i segnali che lanciava? La gente, dappertutto, si alzava in piedi urlando: - Questa persona sono io! Questa persona sono io! – Ogni volta che li guardavi si alzavano e ti dicevano chi erano, e la verità era che non avevano, non più di quanto l’avesse lui, la minima idea di chi o cosa fossero. Credevano anche loro ai segnali che lanciavano. Avrebbero dovuto alzarsi e gridare: - Questa persona non sono io! Questa persona non sono io! – L’avrebbero fatto, se avessero avuto un minimo di pudore.

Safran Foer Jonathan, Ogni cosa è illuminata, Guanda, 2002
Romanzo - Adulti

Quella sera l'usuraio infamato Yankel D portò a casa la bambina. Eccoci qui, le disse, saliamo il gradino. Siamo arrivati. Questa è la tua porta. Ed ecco, questo che sto girando è il pomolo della tua porta. Ed ecco, qui è dove mettiamo le scarpe quando entriamo. E qui è dove appendiamo le giacche. Parlava come se lei potesse capirlo, mai in toni striduli o a monosillabi infantili, e assolutamente mai con parole senza senso. Questo è il latte che ti do da mangiare. Arriva dal lattaio Mordechai, di cui un giorno farai la conoscenza. Lui tira il latte da una mucca, cosa che se ci pensi è molto strana e inquietante, quindi non ci pensare... Questa è la mia mano che ti accarezza la faccia. Certe persone sono mancine, e altre sono destrorse. Noi non sappiamo ancora cosa sei tu, perché te ne stai semplicemente lì seduta e lasci che sia io a usare la mano... Questo è il mio cuore. Lo stai toccando con la mano sinistra non perché sei mancina, anche se potresti esserlo, ma perché sono io che la tengo contro il mio cuore. E' quello che mi tiene vivo.

Scialoja Toni, Tre chicchi di moca, Edizioni Lapis, 2011
Poesia - 
Bambini

Tre chicchi di moca / tritava il tricheco / per fare il caffè. / Lo vide la foca/ e disse "Che spreco! / Due chicchi, non tre!".

Sepúlveda Luis, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Salani, 1996
Romanzo - Bambini / Ragazzi 

Fortunata volava solitaria nella notte amburghese. Si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi delle barche, e subito dopo tornava indietro planando, girando più volte attorno al campanile della chiesa. "Volo! Zorba! So volare!" strideva euforica dal vasto cielo grigio. L'umano accarezzò il dorso del gatto. "Bene, gatto. Ci siamo riusciti" disse sospirando. "Sì, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante" miagolò Zorba. "Ah sì? E cosa ha capito?" chiese l'umano. "Che vola solo chi osa farlo" miagolò Zorba.

Terzani Tiziano, Buonanotte, Signor Lienin, Longanesi, 2013
Saggistica – Adulti

Alla lunga la gente ricorda le moschee e le cattedrali e non le centrali elettriche e le autostrade, ricorda le preghiere o i versi di un poeta più che gli slogan dei politici o i discorsi di un segretario del partito.

Terzani Tiziano, Un altro giro di giostra, TEA, 2008
Narrativa - Adulti

«Quando l’allievo è pronto il maestro compare», dicono gli indiani a proposito di un guru, ma lo stesso è vero di un amore, di un posto, di un avvenimento che solo in certe condizioni diventa importante. Inutile cercare le ragioni, andare a caccia di fatti e spiegazioni. Noi stessi siamo la riprova che c’è una realtà al di là di quella dei sensi, che c’è una verità al di là di quella dei fatti e se ci ostiniamo a non crederci, perdiamo l’altra parte della vita e con quella la gioia, appunto, del mistero. 

Valognes Aurélie, Madame Claudel è in un mare di guai, Newton Compton, 2017
Narrativa – Adulti

Il vegliardo cerca di calmarsi e finisce per prendere la penna e stilare una nuova lista, più lunga della precedente: 1. Provare che i legami di sangue sono più forti di tutto. Più forti della paura, soprattutto. E del postino! Anche se non lo conosce bene, Alexandre ha bisogno di lui della sua presenza e forse del suo rene. Questo farà la differenza con Tony: il legame di sangue. Sì, vuole bene al nipote, ma non può mentire: questa storia del trapianto gli fa una paura del diavolo. 2 Decidersi a dire addio alla sua tranquillità. E cercare di rallegrarsene. 3. Fare posto in casa. Per accogliere due persone, oltre a Sherlock. 4. Sostenere Alexandre giorno dopo giorno. Aiutarlo ad affrontare le difficoltà della cura, superando la propria paura delle medicine, degli ospedali, dei malati che vomitano, che tossiscono… 5. Tollerare i suoi nemici. Da una parte Supersbirro, dall’altra il postino, se per sventura decide di manifestarsi. 6. Sconvolgere le proprie abitudini. I pranzi con Juliette, i caffè con Béatrice, i futuri appuntamenti con Madeleine… “Ah, Madeleine!”. 7. Lasciare spazio all’imprevisto. Alle buone come alle cattive notizie. Accettare il cambiamento, non combatterlo. 8. Cambiare epitaffio. A pensarci bene, “Finalmente tranquillo” forse è esagerato, un po’ di azione non fa male. 

Williams John, Stoner, Fazi Editore, 2012
Narrativa - Adulti

A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra. 

Zola Émile, Al Paradiso delle Signore, Newton, 2010
Narrativa - Adulti

Anche alle sete c'era la stessa ressa. Si accalcavano soprattutto davanti alla vetrina interna messa in ordine da Hutin e che Mouret stesso aveva ritoccata da maestro. In fondo alla sala, intorno a una delle colonne di ferro fuso che sostenevano la vetrata, c’era come una cascata di stoffa che cadeva dall’alto e si allargava fino in terra. Dapprima rasi chiari e sete pallide, i rasi «regina», i rasi «rinascimento» dalle tinte madreperlacee d’acqua di sorgente; le sete leggere con le trasparenze del cristallo, verde Nilo, cielo indiano, rosa di maggio, azzurro Danubio. Poi venivano i tessuti più forti, i rasi meravigliosi, le sete «duchessa» a tinte calde che venivano giù a ondate consistenti. E in basso come in una vasca, dormivano le stoffe pesanti, i corpetti bell’e fatti, i da' maschi, i broccati, le sete perlate e rigate, in mezzo a un letto profondo di velluti, neri, bianchi, colorati a fondo di seta e di raso, che con le loro macchie variegate formavano un lago immobile dove pareva danzassero riflessi di cielo e di paesaggio. Alcune donne, pallide di desiderio, si chinavano quasi per specchiarvisi. Tutte, di fronte a quella cateratta erompente restavano ammirate, con la paura nascosta di essere prese nello straripamento di quel lusso, e con la voglia irresistibile di gettarvisi e perdersi.

[Selezione a cura di Marzia Piccininno]

[Si ringraziano per suggerimenti e ispirazioni: Angela Asor Rosa, Simona Centi, Fiamma De Salvo, Della Passarelli, Eugenia, blog Il mestiere di scrivere, Appasseggionellaletteratura].