Pennacchi, Antonio (1950-)

Codice
LT_0015
provincia
Latina
comune
Agro Pontino
nazione_autore
Italia
secolo
XX-XXI
luogo_citato
Quartacci, Mazzocchio, Piscinara, fiume Teppia, Cisterna, Borgo Faiti
genere
Romanzo
coordinate
41.388501, 13.129163
fonte_bibliografica
Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, MIlano: Mondadori, 2013, p. 141-142.

citazione

Al Quartaccio difatti - a Forcellata - la prima idrovora a vapore ce l’avevano già messa i privati nel 1907. Il fascio con l’elettricità le mise dappertutto - al Mazzocchio ne fecero una enorme con sei pompe verticali a elica, le più grandi d’Europa - e lei adesso sull’Appia e lungo la costa, a ridosso dell’ultima duna, vede alla fine d’ogni canale questi caseggiati gialli coi finestroni rettangolari alti e le pompe idrovore dentro, che sollevano l’acqua alla foce e la riversano a mare. Il peggio vero era in quella parte più grande di pianura chiamata Piscinara che dal piede dei monti arrivava digradando alla duna quaternaria. Fin qui difatti l’acqua scendeva felice e tranquilla, nel suo viaggio verso il mare. Ma arrivata a questi ultimi otto chilometri - a questa lievissima increspatura - si doveva fermare perché, come si sa, l’acqua da sola non può salire verso l’alto. L’unico modo che aveva per andare a mare era quindi prendere la via più lunga, quella longitudinale verso Terracina. Essendo però questa di quaranta chilometri e tutta in piano - con un leggerissimo dislivello di soli due metri - lei capisce che on poteva quella povera acqua che perdere ogni idea d’abbrivio, ogni sogno di velocità e rassegnarsi buona buona a ristagnare. Su questa parte di pianura inoltre non si riversavano solo i fiumi ed i torrenti dei monti Lepini - che già comunque era un bel guaio - ma soprattutto le acque che venivano da fuori, extra-palude, portate dal fiume Teppia e dal fosso di Cisterna. Queste sono tutte acque “alte”, che vengono dall’alto cioè, dai monti nostri e dai Colli Albani e che se trovassero la strada sgombra se ne andrebbero dirette a mare. Invece così - fermate dallo sbarramento della duna - già a metà autunno inondavano tutta la piana di Piscinara per chilometri e chilometri, da Cisterna a Borgo Faiti e ancora oltre, fino a congiungersi ai paduli del Quartaccio. E lì rimanevano per più di metà dell’anno. Gli antichi Romani - e non si sa se Nerone o proprio gli antichi Latini - a metà piana, pressappoco dove adesso sta la fabbrica della Plasmon, avevano tagliato la duna quaternaria con un canale che collegava il Fiume Antico ai laghi costieri e al mare. […] ai tempi nostri, ad ogni pioggia, l’acqua riallagava tutta la piana ed era acqua torbida dei suoli tufacei dei Colli Albani. Il Fosso di Cisterna e soprattutto il Teppia strappavano da quei pendii il terriccio quando la corrente era veloce e lo trasportavano qui.
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