Pesci, Ugo (1842-1908)

Codice
RM_0337
provincia
Roma
comune
Roma
nazione_autore
Italia
secolo
XIX-XX
luogo_citato
Fiume Tevere (piena del 1870); San Salvatore in Lauro; teatro Apollo (poi teatro Tor di Nona); Lungotevere Tor di Nona; Ponte Sant’Angelo; porto e via di Ripetta.
genere
Diario
coordinate
41.900798, 12.469288
fonte_bibliografica
Ugo Pesci, Come siamo entrati in Roma, prefazione di Giosuè Carducci, Firenze, Parenti editore, 1956, p. 207-214.

citazione

Piovve molto a Roma nell’autunno del 1870. […] Il 26 [dicembre] cadde un vero diluvio sulla città e la campagna circostante ed il Tevere, più biondo del solito, era straordinariamente gonfio. Ciò non ostante un pubblico numerosissimo assisteva la sera alla prima rappresentazione della stagione di Carnevale al teatro Apollo con la Jone di Petrella ed il ballo Il figliuol prodigo. Sul finire del ballo arrivò la notizia che la piazza davanti al teatro, dalla parte di ponte Sant’Angelo – la piazza dove fu decapitata Beatrice Cenci – cominciava ad allagarsi. La notizia fu accolta con molta indifferenza, perché non nuova per i romani. Il principale teatro di Roma, oggi scomparso ed allora proprietà del principe Alessandro Torlonia, aveva fra gli altri pregi quello d’essere in uno dei punti più bassi della città, sicché, appena il Tevere dava fuori o le fogne rigurgitavano, si correva rischio di rimanervi chiusi. Terminata l’opera, il pubblico fu invitato ad uscire da una porta laterale, e le signore, passando sopra un ponte di legno improvvisato, poterono raggiungere a piedi quasi asciutti le loro carrozze, nella piazzetta di San Salvatore in Lauro, più alta un paio di metri di via Tor di Nona. Tutto questo mi pareva assai strano; più strana ancora l’indifferenza del pubblico. Ma ognuno, anche i giovani, si ricordavano d’aver veduto qualche cosa di simile. […] Salii la collina del Pincio per vedere dall’alto maggiore estensione della città e della circostante campagna. Di lassù lo spettacolo era terribilmente grandioso. Le campagne fuori di porta del Popolo a destra ed a sinistra del fiume, i prati della Farnesina, il tratto allora deserto fra il Tevere ed il Vaticano di fronte a Ripetta, apparivano intieramente coperti dalle acque: il corso del fiume era indicato in quella massa liquida dalla quantità d’alberi e di masserizie trascinate dalla impetuosa corrente. […] Ricominciò a piovere. La via di Ripetta pareva un impetuoso torrente, nel quale i pontieri sfidavano l’immenso pericolo di essere trascinati dalla corrente: lo sfidava con loro il tenente colonnello cav. Garavaglia.[…] Sul mezzogiorno l’acqua accenna a decrescere. […] Il non aver creduto fino all’ultima ora alla imminenza del disastro aveva fatto trascurare qualunque precauzione preventiva, e quando i proprietari di magazzini, di negozi vollero tentare di mettere in salvo almeno le merci, gli oggetti di maggior valore, non arrivarono in tempo. Per conseguenza, l’acqua penetrando da per tutto guastò quanto non poté asportare. L’impeto delle acque straripate, e di quelle delle fogne rigurgitanti aveva avuto in vari luoghi la forza di schiantare serrature, spalancare od atterrare porte robuste, rovesciare scansie, scaffali pesanti e fortemente fissati alle pareti.
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